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Biografia

Disegni

La mia passione per il disegno nacque fin da piccolo quando cominciai a prendere le prime matite in mano e il mio desiderio di disegnare mi veniva spontaneo, avevo sempre voglia di farlo.

Molti anni dopo, fu durante la frequentazione del liceo artistico che misi in pratica appieno la tecnica del disegno con due bravissimi insegnanti di ornato disegnato e di figura disegnata. Mi stimolarono fortemente l allenamento mentale e il cervello rendendo molto elastico l'apprendimento di tutti i volumi esistenti in un oggetto facendo percepire tutto ciò che sono le minime gradazioni chiaroscurali. Io devo tanto a questi miei due insegnanti che mi hanno fatto lavorare tantissimo con le matite e con il colore, (cosa che purtroppo non si fa quasi più nei licei artistici attuali), lo so per esperienza diretta in queste scuole e da allievi che hanno frequentato i miei corsi purtroppo senza "quasi" nessuna conoscenza di teoria del colore, e questo mi dispiace perché chi vuole apprendere le tecniche del disegno e della pittura deve sviluppare queste conoscenze, altrimenti non si possono avere le basi per ottenere dei risultati anche in pittura. Durante il primo anno del liceo artistico facevo solo strisce di chiaroscuro con la matita e più di cento schizzi a mano libera ogni giorno, ma non con la matita, ma con la penna perché l'insegnante ci diceva che se si vuole imparare a disegnare, prima di tutto si deve disegnare tanto e poi imparare a non cancellare.

Ogni giorno al liceo artistico io e i miei compagni di scuola avevamo una consegna di cento schizzi fatti a penna per sciogliere la mano e allenare le proporzioni. Non immaginate mai quanto possono essere stati noiosi questi esercizi, ma erano efficaci per imparare a disegnare qualunque cosa. L'importante è disegnare qualsiasi cosa vediamo, non importa cosa, ma serve per sviluppare il senso delle proporzioni. Dopo due anni di pratica tra esercizi e copie dal vero sia a casa che a scuola, capii quanto era importante, anche quando avevamo la modella da disegnare e avevo pochi minuti per abbozzare l'intera figura o con la matita. Ogni settimana per i tre anni successivi al primo anno avevo molte ore di disegno di nudo e non ricordo più in quante centinaia di fogli abbia disegnato moltissime pose, perché i primi minuti di abbozzo sono fondamentali per poi riprendere il disegno nei particolari in tutto il tempo necessario per completarlo bene. anche con il chiaroscuro, ma vi accompagno un pò nella storia di questa antichissima e meravigliosa disciplina.

La tecnica del disegno ha la sue più remote origini da quando l'uomo ha iniziato a disegnare nelle caverne dove ha lasciato le sue prime impronte della propria mano. Si presume che i primi disegni rintracciati al mondo risalgano a 32000 anni fa o forse di più quando vennero considerati come prime manifestazioni della capacità espressiva dell’ uomo e delle sue prime comunicazioni. Tutte le civiltà hanno nei millenni successivi hanno lasciato testimonianze attraverso il disegno. Anche le prime lettere, i geroglifici egizi e sumeri erano disegni stilizzati.

Nel I secolo d.C, Plinio il Vecchio scriveva: “La linea di contorno deve girare su se stessa e finire in modo da lasciare immaginare altri piani e altre linee al di là, quasi che, in certo modo, volesse dimostrare quelle parti che necessariamente occulta”.

Ampio rilievo all'evoluzione del disegno si riscontra sulle grandi pareti decorative delle case pompeiane (di III stile) che presentano scorci e fughe architettoniche che venivano primariamente studiate e disegnate con cura. Facendo un notevole salto in avanti, tra i grandi artisti che più di tutti ci hanno lasciato testimonianze artistiche sotto forma di “semplici” disegni, è impossibile non citare Leonardo Da Vinci. La sua produzione di disegni è considerevole e variegata ed è il segno dei tanti, tantissimi, interessi dell'artista, dall’anatomia umana all’ingegneria. Quando pensiamo ai disegni di Da Vinci, il primo a balzare in mente è sempre lui: “L’uomo Vitruviano”, che rappresenta la proporzione e la simmetria del corpo umano. Ho nominato Leonardo da Vinci in particolare nel disegno, oltre che nella pittura, perché con lui la tecnica del disegno si era sviluppata moltissimo e fu il primo a inventare la tecnica dello sfumato e del chiaroscuro nel disegno. Il disegno per Leonardo da Vinci, era la lettera, la parola, la frase, il periodo. Invece di esprimersi a parole, egli si spiega con il disegno a punta d'argento, a matita, a carboncino, a penna. Uscito dallo studio del Verrocchio, Leonardo applicava ai suoi disegni, lo sfumato, che intacca o vela, con i suoi leggeri vapori, le carni, e ammorbidisce le superfici.

“il segno volante e leggiero par sia consunto rarefatto nell’atmosfera; forma vaporosi contorni, vibra minute, squisite modulazioni di penombra e luce. Entro la nebulosa penombra che carezza il volto delle figure, sotto il velo delle ombre tenui, le carni s’ inteneriscono, gli occhi diventan languidi nell'incerto chiarore di un riverbero, i lineamenti s’ affinano e consumano nell’ombra evanescente, le forme si immergono nella soffocata luce che le distende in un'atmosfera mossa, come da tremuli riflessi dell’ acqua”.

Disegnatore principe fu Leonardo:

- “prima di lui nessuno dette tanta vita pittorica al disegno”;
- “Egli rende, come con uno stilo, tutte le finezze del corpo umano, intimamente, profondamente”;
- “anima la materia inorganica di forze vive”;
- “scatena le lotte umane con la furia delle tempeste”;
- “vuol rendere il movimento delle cose, delle nubi, delle rocce, dei destrieri, di tutti gli esseri, con lo scroscio dei segni, come Dardi tra ombre e luce o saetti di lampo”;
- “gli scritti di Leonardo rivelano quanto egli fosse affascinato dai volti insoliti e deformi (da lui chiamati “visi mostruosi”)”;
- “se tu apprezzerai la pittura, la quale è la sola imitatrice di tutte le opere evidenti di natura, per certo tu apprezzerai una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: mare, siti, piante, animali, erbe, fiori, li quali sono cinti d’ombra e lume”;
- “E veramente questa è scienza, e legittima figlia di natura, perché la pittura è partorita d’essa natura”;

Le grandi idee che aveva della perfezione e della bellezza delle cose hanno fatto si che volendo terminare le proprie opere al di la dell’estremo limite delle possibilità dell’arte, Leonardo abbia tracciato figure che non sono affatto naturali. Ne segnava infatti fortemente i contorni, indugiava a ritoccare le più piccole cose, e metteva troppo nero nelle ombre. Ma non mancava di far risaltare le proprie capacità nel disegno e nell’accordo delle luci, mediante le quali egli riusciva a dare a tutti i corpi un rilievo che ingannava la vista. L'imitazione della natura diventa dunque sempre più esercizio conoscitivo e, poi, nel momento in cui egli l’applicava alla pittura, momento di sintesi creativa. Imitare, equivale, nella mente di Leonardo, occorre ancora ribadirlo, a “ricreare”, quasi a sottolineare la volontà, non di riprodurre, ma di produrre come la stessa natura produce. Per Leonardo il corpo umano diventa il fulcro luminoso di ogni attività artistica da cui derivano tutte le altre manifestazioni. Leonardo, pur essendo fiorentino per formazione e uno dei più grandi disegnatori di tutti i tempi, si staccò molto presto da questa tradizione. Predilesse toni smorzati, sottilissime gradazioni luminose e velature successive che davano ai dipinti un effetto particolarmente morbido e curato, in cui non era possibile scorgere traccia della pennellata. I primi esperimenti di sfumato avvennero proprio negli sfondi, dove l'atmosfera fatta di vapori, nuvole e umidità rende vaghi i contorni, come nell'Annunciazione degli Uffizi.

Più avanti Leonardo arrivò ad applicare questi valori anche ai soggetti, non di rado arrivando a stendere i colori anche coi polpastrelli, per ottenere quella luminosità soffusa e quell'atmosfera avvolgente tipica di capolavori quali la Monna Lisa o il San Giovanni Battista. Vasari descrisse questo stile e «molto fumeggiante» e «terribilmente di scuro», cioè chiaroscuro con intensità. Le indicazioni di Leonardo vengono raccolte dai leonardeschi in Lombardia, ma anche da altri pittori, quali Correggio e i veneti. Questi ultimi si appropriano del modo di fare i contorni sfumati e rendere la circolazione dell'aria atmosferica con effetti di amalgama che legano figure a paesaggio: ciò è evidente nelle opere dell'ultima fase di Giovanni Bellini, in Giorgione e nei suoi allievi, quali il giovane Tiziano, Lorenzo Lotto e Sebastiano del Piombo. Questa tecnica, unita alla vivacità della tavolozza dei veneziani, diede origine al tonalismo, un'altra delle correnti fondamentali della pittura del XVI secolo.

Come faceva Leonardo da Vinci a ottenere sfumature così morbide nei suoi disegni?

Lo sfumato leonardesco è frutto di una tecnica di sfocatura lieve del dipinto, ottenuta attraverso le dita o una pezza di stoffa oppure, a opera ultimata, attraverso una velatura lieve ed omogenea di colore diluito nel legante con il fine di ammorbidire i lineamenti dei volti o nel caso di paesaggi di ridurre l'acutezza dei profili delle montagne o degli oggetti lontani per ricreare l'effetto di sfocatura, provocato, alla distanza, dall'umidità atmosferica e dalla prospettiva aerea. Lo sfumato, applicato ai volti, è assimilabile all' effetto flou, ottenuto nel cinema o nella fotografia tradizionali, attraverso la sovrapposizione di un velatino all'obiettivo. L'opera di sfumatura, in Leonardo, parte dal disegno preparatorio. Essa si perfeziona nella stesura di colore, che è lieve e non totalmente coprente. Anche in questa fase, se il colore non è spesso, è già possibile sfumare, "tirando" i colori con i polpastrelli che Leonardo utilizzò frequentemente direttamente sul supporto. Normalmente i pastelli di matita sanguigna e i carboncini producono segni piuttosto duri, quindi le transizioni tra ombra e luce non dovrebbero essere così morbide. Leonardo utilizzò lo sfumato con grande sapienza, con effetti compensativi. Egli proveniva da una forte matrice disegnativa come quella della cultura pittorica toscana sicché i volti, come ogni altro elemento, venivano tracciati, normalmente, sulla preparazione attraverso un disegno molto accurato. Leonardo, osservando la realtà, aveva notato quanto la linea estremamente netta, in campo fisiognomico, fosse però distante dal vero e producesse marcature che potevano sconfinare in una rappresentazione "grottesca" o "caricata". E già nel corso della preparazione del disegno, non con chiudeva pesantemente corpi e oggetti con linee marcate. Ma ciò non bastava. Il disegno resta sempre, nel corso della successiva stesura pittorica, un vincolo notevole. Essere molto legati al disegno, significa cercare un grande rischio nella realizzazione dei volti. Seguendo, con le stesure pittoriche le linee disegnate sottostanti, si ottengono ritratti dai lineamenti molto marcati, che potrebbero essere compatibili con figure maschili ma che risultano completamente inadatti a rappresentare la soavità dei volti femminili. Leonardo applicò allora sistematicamente la procedura dello sfumato, che aveva il pregio di eliminare le angolosità del volto, caratterizzate dalla matrice disegnativa sottostante. Il rispetto di Leonardo nei confronti dell'uomo era assoluto. La punto che, nel trattato della pittura, annotando per allievi e futuri artisti le tecniche esecutive del ritratto, egli raccomandava che non fosse eseguito in giornate di sole, ma nel momento in cui il cielo risultasse coperto, affinché il rilievo cromatico non avvenisse a fronte di un'immagine scompensata da zone troppo in ombra e da aree eccessivamente luminose. Sappiamo bene per averlo provato nelle nostre fotografie che un ritratto scattato con il flash schiaccia il volto e, al tempo stesso, potenzia gli angoli e le ombre attraverso la violenza della luce. Ogni minima irregolarità dei lineamenti viene elevata all'ennesima potenza. E' per uniformare il volto alle esigenze della fotogenia, in ogni condizione di luce, che attrici e modelle, si sottopongono ad interventi di rinoplastica che creano un avvallamento del setto nasale, eliminando in questo modo l'ombra che lo stesso getta sul volto in caso di luce violenta. Altre esperienze visive alla nostra portata quotidiana, per comprendere la durezza degli effetti della luce sui volti, riguardano le fotografie scattate sulla spiaggia o sul mare o sulla neve, nelle ore centrali della giornata. In questi casi anche attrici splendide appaiono deturpate dalla luce. I fotografi professionisti, nel corso di campagne fotografiche con modelle, sulla spiaggia o al mare, compensano, infatti l 'eccessiva luminosità verticale proiettando, attraverso un pannello argentato riflettente o faretti, una luce contraria, proveniente dal basso. La differenza fra lo sfumato e il chiaroscuro è che il primo permette di dissolvere in modo quasi impercettibile i contorni delle forme, amalgamando i colori in molteplici gradazioni, con morbidi trapassi dalle zone di luce a quelle d'ombra, mentre il secondo consiste nel modellare e definire le forme creando un effetto di contrasto luminoso, un effetto ombra che serve a dare l’impressione che ciò che viene rappresentato abbia un volume. Tecnicamente questo ultimo effetto si ottiene mescolando il colore-base con le tinte più chiare e con quelle più scure, in modo da dare la sensazione della presenza di una fonte luminosa. In realtà sfumato e chiaroscuro sono due effetti molto vicini e complementari, come si può notare appunto nelle opere di Leonardo, dove il chiaroscuro molto morbido sfalda i contorni, sovrapponendosi al disegno.

Come scrisse lo stesso Leonardo nel ‘Trattato della Pittura’, «farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell'animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile».

Le tecniche che usava Leonardo da Vinci per ottenere lo sfumato erano la matita sanguigna, carboncino, fusaggine, e punta d'argento.
Con una di queste in particolare io ho preso una bella confidenza e si tratta della sanguigna e da quando ho iniziato a disegnare con le matite ho sempre molto amato sfumare utilizzando del cotone, degli sfumini cartonati fatti a matita, gomma pane, ma la cosa più fondamentale per riuscire a ottenere un ottimo risultato è prima di tutto avere un buon supporto cartaceo alla base che accolga bene la praticità del metodo della matita sanguigna e poi sviluppare un continuo metodo per disegnare bene con la mano imparando a tenere la pressione della matita sempre più delicata ma sicura nel segno, e in questo modo si ottiene un armonia sia nel chiaroscuro che nello sfumato. Sensibilizzare la mano al disegno significa riuscire a ottenere grandi risultati nel corso degli anni. Disegnando e dipingendo ogni giorno si accumula esperienza nel nostro cervello che sarà i giusti impulsi alla mano quando si disegna, ci vuole molta continuità come tutte le pratiche, più si sviluppa e più risultati migliori si ottengono. Il suo nome rimanda al sangue, ma con esso, per fortuna, non ha nulla a che fare. La matita sanguigna deve il suo nome al tipico colore rosso un po’ opacizzato ma allo stesso tempo molto denso che lascia sul foglio.